O i figli o il lavoro. O mamme sottopagate o fredde manager in carriera. Ma forse una terza via, anche per le donne italiane, esiste. In America da tempo le chiamano mompreneur, in Italia sono le mamme imprenditrici. Che, davanti a un mercato del lavoro che ha paura delle donne con figli o le relega in contratti da fame, si organizzano da sole. Creano imprese, aprono partite Iva, e lavorano. Non meno di prima, ma con orari e modalità diverse, gestendo il tempo come meglio credono. Se la conciliazione lavoro-famiglia è solo uno slogan politico, loro se la fanno da sole. Dopo la maternità si reinventano la vita e il lavoro, captando le opportunità sul mercato per creare nuovi business. E spesso le attività che mettono in piedi sono servizi destinati alle altre mamme, per coprire i buchi che esistono e che loro stesse hanno sperimentato a loro spese.
In Italia le imprese a guida femminile sono oltre 1 milione 294mila, il 21,4% del totale. Secondo l’Osservatorio sull’imprenditoria femminile di Unioncamere, entro il 2019 si arriverà addirittura al 29 per cento, quasi una su tre. Sono soprattutto imprese individuali (26%), cooperative (21%) e società di persone (16,23%). Nella maggior parte dei casi hanno dimensioni molto ridotte, con un solo addetto, e un fatturato intorno ai 20mila euro annui, anche se negli ultimi anni si assiste alla crescita delle forme societarie più grandi. E hanno retto alla crisi meglio di quelle maschili.
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